La fotografia in sociologia

Fotografia e sociologia nascono nello stesso periodo storico (seconda metà dell’800) e condividono la medesima curiosità nei confronti della società. Da questo punto di vista è significativo che nel periodo 1896-1916, l’American Journal of Sociology, abbia scelto di pubblicare ben 31 articoli corredati di fotografie (Faccioli, 2001).

Tuttavia, con la sola eccezione della Scuola di Chicago, fotografia e sociologia hanno ben presto preso strade diverse, per inseguire, ciascuna, la propria aspirazione: diventare arte, la prima; trovare riconoscimento in qualità di scienza, la seconda, disciplina giovane con mal celati complessi di inferiorità verso le “vere scienze” (Faccioli, Harper, 1999).

L’importanza del mezzo fotografico, quale strumento di conoscenza della realtà, tuttavia, non è mai venuta meno.

Ne è testimonianza la poderosa opera svolta dalla Farm Security Administration (FSA) durante gli anni della grande depressione in U.S.A., che avvia un vero e proprio programma di fotografia “documentaria”. A tale scopo il governo americano ingaggia fotografi e fotografe, con il compito di documentare la realtà rurale e le condizioni di povertà delle famiglie travolte dalla crisi economica (tra le fotografe e i fotografi più importanti che presero parte al progetto si ricorda Dorothea Lange, Walker Evans e Gordon Parks).

Ma la vera rinascita degli aspetti visuali in sociologia è da collocare (sempre in USA) nel contesto socio-culturale degli anni ’60 e ‘70, grazie ad una rinnovata convergenza di obiettivi tra sociologia e fotografia di reportage, interessate a indagare la realtà quotidiana ed impegnate a focalizzare l’attenzione pubblica su fenomeni e temi quali la povertà, la marginalità, la violenza sociale, il razzismo. Ricordiamo, in particolare, i contributi di Diane Arbus e Robert Frank.

Federico Montaldo
Emanuela Abbatecola

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