Quando a trasgredire e’ Lei

L’invalidazione inizia spesso come forma di pregiudizio palesato, per cui si nega l’ingresso nella professione a una donna in quanto donna. In questo caso, la richiesta di Lei risulta talmente inverosimile e oltraggiosa agli occhi del datore di lavoro da non dover neanche essere camuffata.

Io volevo a tutti i costi andare a lavorare in quel ristorante, ma quando chiamavo il titolare mi diceva sempre di no; diceva “donne in cucina non ne voglio”.

Una volta superata la barriera in ingresso, l’invalidazione continua con quello che Gresy (2010) chiama ostruzionismo. Questo può assumere diverse facce. Il maschile dominante, di cui anche le donne possono rendersi complici, si manifesta non facendo loro svolgere il mestiere per il quale sono qualificate, oppure dirottandole verso mansioni femminili. Un’altra strategia consiste nella costante messa in dubbio delle loro capacità, che sfocia di frequente nell’attesa del conseguente (auspicato) fallimento.

Tipo a salire su un tetto negli incendi… tetto… di notte così… mi è capitato un caposquadra che mi ha detto “No, è pericoloso” [ride] perché è ghiacciato e si scivola. Io gli ho lanciato lì per terra le cose e sono andata via.

Una volta ero a casa di un cliente e il mobile non entrava. Il marito mi guardava e ha detto alla moglie ad alta voce: “te l’avevo detto che una donna non è capace di prendere le misure!”.

L’invalidazione passa anche attraverso il mancato uso dei titoli contestualmente riconosciuti ai colleghi maschi, anche in situazioni nelle quali sarebbe legittimo e doveroso utilizzarli.

Alle riunioni tutti si chiamavano Ingegnere a me chiamavano per cognome.

Solo perché sei donna ti chiamano per nome: “Laura?”, “Signorina Laura?”. E io non mi giro!

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